Negli ultimi anni il comportamento di acquisto delle persone è cambiato radicalmente. Lo sviluppo di Internet e delle nuove tecnologie ha modificato profondamente le nostre abitudini, portando un progressivo aumento degli acquisti online e con esso la necessità di ideare nuove strategie di comunicazione e di marketing, che i brands devono sviluppare per farsi conoscere e farsi trovare online.
Internet oggi offre maggiore informazione e una scelta molto più ampia durante l’acquisto, sia online che offline: la ricerca di prodotti su web viene utilizzata sempre, anche per scegliere e acquistare prodotti in negozi fisici. Per capire com’è cambiato il comportamento degli utenti durante la fase di scelta che precede l’acquisto, è stato identificato uno spazio virtuale chiamato ‘messy middle‘ – letteralmente ‘centro disordinato’ – che descrive quella fase del processo di valutazione all’acquisto durante la quale gli utenti si trovano indecisi, a gestire una sovrabbondanza di informazioni oggi disponibili, che portano a scelte di acquisto pressoché illimitate e che vengono selezionate utilizzando una serie di scorciatoie cognitive.
Per capire meglio questo concetto, in questo articolo riportiamo una traduzione di uno studio di Google che cerca di descrivere e capire come gli utenti interpretano e gestiscono i dati che trovano online attraverso un esperimento.
Argomenti trattati
Introduzione al ‘messy middle’ (centro disordinato)
Navigare online
Immaginiamo di fare una passeggiata lungo Internet Street: è aperta 24 ore su 24, sette giorni su sette e probabilmente è il più grande quartiere di shopping esistente. Raggiungibile da ovunque ci si trovi in un battito di ciglia.
Se si ha bisogno di qualcosa è sufficiente chiedere e, oltre ai brand già conosciuti, verranno mostrate immediatamente molte possibili opzioni e varianti. Su internet si annullano le distanze, ogni negozio che vende un determinato articolo è potenzialmente raggiungibile nello stesso modo, sia che si tratti di un grande magazzino o di una piccola boutique.
Se non si sa ancora cosa si vuole, si possono vedere tutti i prodotti disponibili in ogni negozio, classificarli e confrontarli in moltissimi modi, ordinandoli e filtrandoli finché non si trova qualcosa che piace. E se ancora non si riesce a decidere, è possibile chiedere consiglio a un amico, a un esperto o valutare il giudizio di una celebrità. Ci sono milioni di persone, la maggior parte delle quali è felice di parlare dei propri acquisti passati e della propria esperienza.
Com’è cambiato lo shopping su Internet
Considerando la facilità di spostarsi tra negozi, è probabile che si effettuino diverse visite prima di arrivare all’acquisto effettivo di qualcosa, entrando e uscendo da più negozi, tornando per un secondo sguardo, e poi per un terzo, sfruttando appieno tutto ciò che Internet Street offre.
Questa è la realtà degli acquisti su Internet oggi, ma non è sempre stato così. Prima di Internet, gli acquisti venivano fatti in una strada fisica, dove c’era molta meno scelta e meno informazioni. Ciò che si acquistava era limitato dalla disponibilità e dalla vicinanza e ci si affidava ai marchi più conosciuti, considerati i migliori in quelle circostanze.
Il comportamento negli ultimi anni è cambiato radicalmente e, per la maggior parte, lo apprezziamo, in quanto i comportamenti dettati dalla precedente scarsità di offerta sono sovraccaricati da un’improvvisa ricchezza di opzioni e opportunità: tanta scelta, tanti negozi da visitare e prodotti da visionare. Di conseguenza, si sono resi necessari dei meccanismi mentali di gestione di tanta complessità: parliamo di scorciatoie e tecniche che aiutino ad arrivare ad una scelta.
Com’è cambiato il marketing con Internet
I processi mentali che sono stati attivati dall’abbondanza di informazioni presenti nel web riguardano il modo in cui i consumatori affrontano la complessità, utilizzando bias cognitivi codificati in profondità nella nostra storia pre-digitale. Se il comportamento si è evoluto, come crediamo, è fondamentale che i professionisti del marketing comprendano come è cambiato il processo decisionale dei consumatori, in modo che possano continuare a scoprire nuove opportunità di crescita e difendere la quota di mercato esistente.
Anche il marketing si è evoluto e ha sviluppato nuove strategie. Sono state adottate nuove piattaforme, tecnologie, dati e formati e, ultimamente, innovazioni come il machine learning e l’intelligenza artificiale stanno spingendo ulteriormente e più velocemente un nuovo panorama futuro. La maggior parte di questi sviluppi sono stati positivi: l’ampia portata del marketing digitale ha consentito a nuove imprese di emergere e crescere.
Il percorso di acquisto
La domanda a cui dobbiamo rispondere oggi è: come fanno i consumatori a decidere cosa vogliono comprare e da chi vogliono acquistarlo? Questo è probabilmente l’elemento chiave per la pubblicità, ma anche il più difficile da definire. Spesso, l’analisi si concentra sul customer journey (percorso di acquisto), fornendo un elenco di touchpoints, interazioni che ogni possibile cliente ha con un determinato brand lungo il suo percorso. Sebbene tali elenchi offrano informazioni preziose sui punti di contatto che avvengono online, non danno informazioni riguardo il perché un acquirente abbia finito per prendere la decisione che ha preso.
Ad oggi, comprendere il processo decisionale dei consumatori è più difficile che mai. Nel 2020, a seguito dello scoppio del coronavirus e delle successive restrizioni sulla vendita al dettaglio fisica, la percentuale di acquisti online è salita a livelli record. Mentre la maggior parte degli acquisti viene ancora effettuata offline, la ricerca di informazioni che riguardano tali acquisti viene comunque effettuata sempre più spesso online, e la complessità dei potenziali percorsi decisionali è quindi cresciuta notevolmente.
Se non adattiamo il nostro modo di pensare al comportamento dei consumatori per tenere conto di questa crescente complessità, cercheremo di rispondere ai comportamenti di acquisto del 21° secolo con i modelli del secolo scorso.
Mappare un territorio inesplorato
Nel corso degli ultimi due anni, il team di Google si è impegnato in un progetto per cercare di capire come i consumatori su Internet interpretino e gestiscano una maggiore quantità di informazioni e scelta durante il processo di acquisto online e offline.
Questa ricerca ha identificato un territorio specifico all’interno del labirinto di ricerche, annunci, link e clic coinvolti nel processo di acquisto: il messy middle. Imparare a navigare tra i suoi tornanti e vicoli ciechi è cruciale per il successo della strategia di marketing quanto gli investimenti in nuove tecnologie e piattaforme.
E’ stato quindi ideato un modello aggiornato di come le persone si comportano in questa spazio. Con l’aiuto di esperti di scienze comportamentali (The Behavioral Architects), sono state reclutate persone per poterne studiare le attività di acquisto. Sono stati analizzati i loro comportamenti e intervistate in tempo reale per comprenderne i pensieri e azioni. In questo modo è stato possibile notare come i consumatori passino facilmente tra stati complementari di “ricerca” e “valutazione”. A questo punto le spiegazioni date sono state sezionate e studiate per comprendere i processi cognitivi che ne stanno alla base.
Non sorprende che le persone, di fronte a tutta questa complessità, cerchino di mantenere le cose semplici: uno sforzo che di per sé risulta essere già piuttosto complesso. Per validare l’esistenza degli stati di ricerca e valutazione, sono stati esaminati anche i dati storici di ricerca di Google. In molti casi, sono stati trovati esempi di cambiamenti nel modo in cui le persone effettuano le ricerche e che illustrano come questi comportamenti si manifestino nel mondo reale.
È stata fatta inoltre una revisione della letteratura per cercare di isolare i processi cognitivi specifici coinvolti. Sono stati identificati 6 bias più critici ed ideato un esperimento su larga scala per testare l’efficacia di queste scorciatoie e regole euristiche nel guidare gli acquirenti fuori dal ‘messy middle’ e verso l’acquisto.
Il Marketing nel ‘messy middle’
L’accesso ai media e a molte informazioni ha portato alla crescita di scenari che non si adattano necessariamente al marketing tradizionale con grandi implicazioni per il marketing di grandi e piccoli marchi. Se non si capisce perché i consumatori prendono determinate decisioni di acquisto, non si ottiene il pieno ritorno degli investimenti e ci si può trovare in svantaggio rispetto ai concorrenti.
Sembra quindi che il “messy middle” sia un buon modo per descrivere come il marketing si è evoluto negli ultimi dieci o vent’anni. Con la polarizzazione tra branding e risposta diretta si crea un divario in cui tutti i tipi di comportamenti di consumo non vengono riconosciuti e soddisfatti.
Comprendere il ‘messy middle’ potrebbe aiutare a colmare le divisioni organizzative che hanno significato più per i dipartimenti di marketing che per i consumatori. Ovviamente, capire cosa pensano i consumatori e come si comportano non è un’idea nuova ma un’aspirazione che è sempre stata al centro del marketing. Come stiamo per scoprire, il contesto in cui i professionisti del marketing stanno cercando di raggiungere questo obiettivo è però cambiato radicalmente.
Identificare il ‘messy middle’
Economico o migliore?
Quando si effettua una ricerca online, oltre al nome di ciò che si cerca, si aggiungono uno o più aggettivi. Queste parole di ricerca aggiuntive vengono chiamate modificatori: descrivono le caratteristiche volute e aggiungono specificità alla ricerca.
Analizzando i dati sulle tendenze, il team di ricerca ha trovato alcuni importanti indizi. Prendendo in considerazione i termini “economico” e “migliore“, si è notato che nel Regno Unito, l’interesse per le ricerche contenenti la parola “economico” è diminuito costantemente negli ultimi 15 anni, mentre l’interesse per il “migliore” è aumentato con un alto livello di correlazione negativa. (figura 1).
Questi dati suggeriscono che a un certo punto intorno al 2009, l’interesse dei consumatori nel trovare l’articolo più economico online è stato superato dal desiderio di trovare il migliore.
Un’ipotesi per spiegare questo trend potrebbe essere che, con l’aumento del reddito medio, sia aumentato anche il desiderio per prodotti che denotano ricchezza e che sono quindi il “meglio”. Tuttavia, queste due tendenze si sono incrociate nel 2009, quando il mondo si trovata nella crisi finanziaria dovuta al crollo di Wall Street, a seguito del quale il reddito familiare medio nel Regno Unito è diminuito.
Analizzando i termini “economico” e “migliore”, è evidente la loro diversità: “economico” è quantificabile e razionale, “migliore” è più soggettivo ed emotivo. Il valore preciso di “economico” può variare da individuo a individuo, ma ha comunque un significato preciso. “Migliore”, d’altra parte, può avere una vasta gamma di significati, essendo applicabile a valore, qualità, prestazioni, popolarità e altro ancora.
Questa transizione da modificatori semplici a complessi offre il primo indizio significativo di come sono cambiati il comportamento e il processo decisionale dei consumatori. Con la crescita Internet si è trasformato da uno strumento per confrontare i prezzi a uno strumento per confrontare molteplici caratteristiche.
Entrare nella scienza comportamentale
Per passare dalla descrizione delle abitudini dei consumatori su Internet alla comprensione dei motivi di quei comportamenti e del loro cambiamento, è necessario affidarsi alla scienza cognitiva. The Behavioral Architects, una società di consulenza globale specializzata nell’applicazione della scienza comportamentale nell’ambito del marketing, ha affiancato il team di Google durante questo progetto.
Negli anni l’uso di intuizioni comportamentali è stato impiegato per sfruttare scorciatoie mentali, comunicare la rilevanza del marchio e creare messaggi il più efficaci possibili. Questi non sono quindi concetti nuovi per i professionisti.
Con l’aiuto di The Behavioral Architects il team di Google è stato in grado di esaminare in modo completo una parte significativa della letteratura scientifica applicata al marketing e di usarla come base per una serie di esperimenti su larga scala che esplorano l’impatto dei bias comportamentali.
Metafora ‘cavalieri ed elefanti’
C’è una famosa analogia usata per descrivere come la ragione e le emozioni interagiscono quando prendiamo decisioni. Jonathan Haidt, psicologo e professore alla New York University, paragona la relazione a quella tra un elefante e il suo cavaliere.
Il cavaliere è teoricamente responsabile della guida, ma quando uno stimolo cattura l’attenzione dell’elefante, il cavaliere scopre quanto poco controllo abbia su di lui. Il segnale delle redini viene ignorato in favore di un desiderio primario. Inevitabilmente, le motivazioni dell’elefante sono qualcosa di misterioso per il cavaliere, che potrà solo fare congetture su come si sia arrivati a quel risultato.
Questo è un buon esempio per descrivere come l’emozione (desiderio dell’elefante) può indurre a prendere decisioni che deviano dal pensiero razionale (percorso pianificato dal cavaliere). I meccanismi che permettono alle emozioni di prendere il sopravvento sulla ragione ci rimangono spesso ignoti. Negli anni sono stati fatti molti tentativi per isolare i segnali e gli indizi che più probabilmente avrebbero fatto prendere il controllo all’elefante. Questo progetto ha avuto un obiettivo simile.
Breve storia dell’evoluzione dei modelli di marketing
Uno dei modi in cui i professionisti del marketing hanno cercato di descrivere i percorsi intrapresi da elefanti e cavalieri verso l’acquisto è quello di mapparli in modelli di marketing. Per dare un contesto storico, The Behavioral Architects ha iniziato con un’indagine approfondita dei modelli di marketing a partire dalla famosa AIDA di Elmo Lewis e proseguendo con molti dei modelli influenti emersi nel secolo successivo.
1898 AIDA
Elmo Lewis: percorso che parte dal momento in cui un marchio o prodotto attira l’attenzione del consumatore al punto di azione o acquisto.
1924 Funnel
L’adattamento di William Townsend di AIDA. Ha introdotto il concetto di funnel.
1961 DAGMAR
Non inteso come modello del processo decisionale, Russell Colley aggiunge un importante fase di pre-consapevolezza al Funnel.
1986 Momento di verità
Il modello di Jan Carlzon sintetizzato dalla sua affermazione: “Ogni volta che un cliente entra in contatto con un’azienda, per quanto remota, ha una opportunità di farsi un’idea su essa”.
1997 ATR-N
Il modello di Ehrenberg sottolinea l’importanza dell’esperienza post-acquisto e dell’interazione.
2005 Primo e secondo Momento di verità
A.G. Lafley si basa sul momento di verità di Carlzon, distinguendo tra valutare un prodotto (First Moment of Truth o FMOT) e utilizzarlo, introducendo così un secondo momento di verità.
2009 Il viaggio decisionale del consumatore secondo McKinsey
La fase di “valutazione attiva” di McKinsey aggiorna il processo decisionale per riflettere un processo attivo, meno lineare e introduce il “ciclo fedeltà”.
2011 ZMOT
Google estende i momenti di verità di Carlzon e Lafley con il “momento zero di verità”, ovvero quando il consumatore inizia a conoscere un prodotto o servizio per la prima volta e prima di venire a contatto con esso.
The Behavioral Architects ha proposto questi modelli come rappresentativi del modo in cui si è evoluto il pensiero in questo ambito. Questo elenco non è esaustivo (non sono stati inclusi i modelli più focalizzati sugli aspetti organizzativi che sulla percezione dei consumatori), ma ciò che mostra è la direzione generale del customer journey e una tendenza all’aumento di attenzione ai dettagli.
Comportamento di acquisto osservato: l’esperimento
Il team di Google ha voluto mettere al centro del progetto il consumatore e analizzarne la prospettiva.
Ciò è stato fatto osservando diverse centinaia di ore di attività di acquisto, suddivise in 310 percorsi diversi in 31 categorie. Agli acquirenti è stato chiesto di ricercare un prodotto al quale erano attualmente interessati. I percorsi sono stati registrati tramite strumenti di cattura dello schermo, video e audio mentre gli acquirenti descrivevano quello che stavano facendo. The Behavioral Architects ha quindi analizzato i percorsi dal punto di vista della scienza comportamentale, annotando i diversi bias cognitivi che hanno osservato.
Dopo aver visto le registrazioni, è stato fatto un primo tentativo di descrizione: su un post-it è stato disegnato il trigger di acquisto in alto e l’acquisto stesso in basso, e nel mezzo questo (figura sotto).
Tra questi due punti c’è un tortuoso scarabocchio, che sembra rappresentare in modo realistico la prima scoperta significativa: non ci sono percorsi tipici. Ogni percorso si può rappresentare come una confusa rete di touchpoint difficile da dipanare. I diversi siti visitati dagli acquirenti che hanno preso parte alle osservazioni sugli acquisti includevano, ma non erano limitati, ai seguenti touchpoint:
- Motori di ricerca
- Siti di recensione
- Siti di condivisione video
- Portali
- Social Media
- Siti di comparazione
- Forum
- Club e gruppi di interesse
- Siti di rivenditori
- Siti di aggregazione
- Blog
- Siti di voucher e coupon
- Siti dei marchi
- Editori
- Bacheche
Una volta arrivati a questi siti, gli acquirenti hanno trascorso una quantità significativa di tempo a navigare avanti e indietro, passando da un sito all’altro. In alcune delle sessioni osservate, il prodotto in esame è cambiato a metà ricerca, poiché è emersa una nuova opzione migliore.
Esplorazione e valutazione
Mettendo insieme i modelli di marketing ripresi dalla letteratura e le attività di acquisto osservate, hanno iniziato a rivelare alcune delle caratteristiche fondamentali della nuova realtà del processo decisionale dei consumatori.
La ricerca di prodotti su Internet e la conseguente valutazione delle opzioni equivale a due diversi modelli mentali: esplorazione e valutazione, che sono la chiave per comprendere il ‘messy middle’. L’esplorazione è un’attività espansiva, mentre la valutazione è intrinsecamente riduttiva. Durante l’esplorazione, aggiungiamo marchi, prodotti e informazioni sulle categorie a elenchi mentali o “set di considerazione”. Durante la valutazione restringiamo queste opzioni.
Nel modello di McKinsey riguardo il processo decisionale del consumatore, queste modalità sono combinate in un’unica fase di “valutazione attiva”. Tuttavia, la ricerca di Google suggerisce che sono due fasi distinte con diversi sistemi di ricompensa e, come tali, sono necessarie tattiche diverse per rapportarsi con i consumatori a seconda che stiano esplorando o valutando.
La differenza tra fornire a un consumatore informazioni riguardo una categoria o prodotto e concludere attivamente una vendita è sottile ma importante. In ogni transazione la possibilità di scelta è potere e i consumatori oggi sono più potenti che mai. L’invio del segnale sbagliato nel momento sbagliato potrebbe essere altamente distruttivo, con il risultato che il marchio viene escluso dal set di considerazione dell’acquirente.
La scienza dietro l’esplorazione e la valutazione
Il passo successivo è stato quello di verificare che l’esplorazione e la valutazione si adattassero ad un modello comportamentale esistente.
Una teoria che si avvicinava molto all’ipotesi della ricerca è il “foraggiamento di informazioni”, che descrive i comportamenti che gli esseri umani mostrano per ridurre il dispendio energetico massimizzando il guadagno. Storicamente, questa teoria è stata derivata da una teoria della ricerca di cibo che ha aiutato i biologi a comprendere le strategie di alimentazione degli animali – nel caso di un predatore: quanta energia è necessaria per cacciare la preda rispetto all’energia che si otterrà mangiandola?
L’applicazione di queste teorie al comportamento online potrebbe spiegare come esploriamo e valutiamo: quanto è facile trovare l’informazione di cui abbiamo bisogno e quanto sarà utile? Se un sito è utile, tendiamo ad acquisire tutte le informazioni che fornisce prima di passare al successivo, in caso contrario, cambiamo rapidamente prima di spendere troppa energia.
Nuovo modello di marketing
Il modello della ricerca di Google
Il team di Google non aveva intenzione di costruire un nuovo modello di marketing, ma dopo aver passato al setaccio centinaia di white paper e trascorso altrettante ore a osservare i percorsi di acquisto online, si è reso conto che solo una nuova struttura avrebbe permesso di sintetizzare tutto ciò che avevano imparato fino a quel momento.
Questo nuovo modello condivide alcuni elementi con il modello McKinsey e altri. Questo è intenzionale: la storia mostra come ogni generazione si basi sui modelli precedenti, risalendo fino ad AIDA. Tuttavia, sono stati identificati diversi nuovi elementi che riflettono sfumature del processo decisionale che i modelli precedenti non colgono completamente.
In questo modello, tra i due poli di attivazione e acquisto, si trova il ‘messy middle’, in cui i consumatori passano tra l’esplorazione e la valutazione delle opzioni a loro disposizione fino a quando non sono pronti per l’acquisto. Questo processo si svolge su uno sfondo sempre presente di esposizione: un substrato che rappresenta tutti i pensieri, i sentimenti e le percezioni che l’acquirente ha su categorie, marchi, prodotti e rivenditori.
Dopo l’acquisto arriva l’esperienza sia con il marchio che con il prodotto, che si ripercuote nel substrato di esposizione.
Esposizione
Descrivere l’effetto della pubblicità di un marchio in un modello di marketing è complicato. I marchi possono ispirare potenti risposte emotive e, come hanno dimostrato Binet e Field, il loro impatto può influenzare ogni fase del processo decisionale. Inoltre, il loro potere non deriva solo dalla pubblicità, i marchi hanno una presenza oltre il marketing. In alcuni casi i rapporti con un marchio possono durare per tutta la vita e tutto ciò che sappiamo su di esso, da un articolo di giornale a una conversazione ascoltata per strada, può influenzare le nostre percezioni.
Per riassumere questo ampio spettro di interazione e influenza, si parla di “esposizione”: la consapevolezza del marchio e dei prodotti in una categoria. L’esposizione è quindi la somma totale di tutta la pubblicità vista o sentita, le cose arrivate attraverso il passaparola, lette sulla stampa e online. Può essere assimilata passivamente prima di un trigger di acquisto, essere parte del trigger stesso, ricercata attivamente o sperimentata dopo un trigger e può essere un fattore decisivo nell’acquisto finale.
Ma soprattutto, l’esposizione non è uno stadio, né una fase, né un passaggio ma è uno sfondo sempre attivo e in continua evoluzione che rimane presente per tutta la durata del processo decisionale. Non si tratta solo di branding e percezione del marchio, anche l’esposizione per categoria e l’esposizione per categoria correlata sono componenti del contesto. Anche questo è un territorio vasto ma questi tipi di esposizione sono spesso complici nell’innescare un acquisto.
Il ciclo di esplorazione e valutazione
Questo schema apparentemente infinito è la caratteristica distintiva del ‘messy middle’. I consumatori esplorano le loro opzioni ed espandono le loro conoscenze e il loro set di considerazione, quindi valutano le opzioni e restringono le loro scelte.
Per alcune categorie potrebbe essere necessario solo un breve periodo di tempo per spostarsi tra queste modalità, mentre gli acquisti abituali e impulsivi possono aggirare del tutto il ciclo. Ma altri acquisti, tipicamente più complessi, ci incoraggiano o addirittura ci obbligano a impegnarci in lunghe esplorazioni, generando un buon numero di opzioni da valutare.
Il loop è il miglior modo di descrivere la natura non lineare del ‘messy middle’, caratterizzato da un continuo passaggio tra siti e modelli mentali fino a quando un brand fortunato viene scelto dal consumatore. Per i professionisti del marketing la sfida è semplice: come assicurarsi che quando l’acquirente smette di girare tra le opzioni, è il vostro prodotto o servizio a vincere? In altre parole, come si fa a convincere qualcuno a fare una determinata scelta?
Mentre la circolazione infinita del ciclo di esplorazione / valutazione potrebbe frustrare i pubblicitari, è importante ricordare che spesso soddisfa i consumatori. L’obiettivo non è ostacolare il cliente o costringerlo a lasciare l’attività che ha scelto di svolgere, ma fornirgli tutto ciò di cui ha bisogno per sentirsi a proprio agio nel prendere una decisione.
Esperienza
Quest’ultimo componente del modello si trova al di fuori del ‘messy middle’: l’esperienza che un cliente ha con il prodotto o il servizio che ha acquistato alimenta direttamente la sua esposizione in background.
Un marchio che offre una buona esperienza ha un vantaggio, un marchio che offre un’esperienza straordinaria potrebbe persino diventare un trigger e far aumentare la frequenza degli acquisti. Con così tanta scelta disponibile, un marchio che offre una scarsa esperienza dovrà probabilmente lavorare molto duramente per fare nuove vendite con quel cliente. Se si tratta di un disastro completo, quell’esperienza potrebbe spingere quel cliente completamente fuori dalla categoria e rischiare che la sua insoddisfazione sia rilevabile da altri potenziali clienti sotto forma di recensioni negative o commenti sui social media.
Trigger e acquisto
Trigger e acquisto si verificano rigorosamente oltre i confini del ‘messy middle’, quindi la ricerca non li tocca direttamente.
Basti dire che i trigger sono responsabili del trasferimento dei consumatori da uno stato passivo a uno stato di acquisto attivo. Sono stati segnalati nel modello solo per tenere conto del fatto che spesso non è solo un fattore stimolante che spinge il desiderio di acquistare. In molti casi una serie interconnessa di fattori interni ed esterni come sentimenti e ricordi, pubblicità e promemoria, sono responsabili dell’attivazione di uno stato di acquisto attivo.
Indagare nel ‘messy middle’
Alla ricerca di indizi con Google Trends
Il passo successivo della ricerca è stato tornare ai dati di Google Trends per vedere se fosse possibile trovare altre prove dei cambiamenti nel tempo del comportamenti di ricerca online.
Le persone ricercano informazioni riguardo un particolare argomento o oggetto. Tuttavia, poiché la quantità di informazioni disponibili è così vasta, le ricerche vengono spesso modificate con una parola o una frase aggiuntiva che specifica le caratteristiche ricercate.
Nei dati di ricerca, le mode, le tendenze e i meme aumentano e diminuiscono in popolarità, ma il trend di ricerca è lentamente aumentato in termini di portata e complessità nel tempo. Se si sta cercando un laptop, si potrebbe restringere la ricerca modificandola in “laptop migliore” o “laptop economico” o anche “laptop vicino a me”.
I modificatori che le persone usano non possono sempre essere suddivisi ordinatamente in esplorazione o valutazione, ma se tendiamo all’uso di questo tipo di termini, possiamo trovare indizi che definiscono come è cambiato il comportamento.
Per chi non ha familiarità con Google Trends, ecco una breve introduzione su come funziona e alcune note chiarificatrici su ciò che rappresentano i grafici utilizzati in questo articolo.
Google Trends: come funziona
- Tutti i grafici in questo articolo sono stati generati con Google Trends e, poiché è uno strumento pubblicamente disponibile, tutti i grafici possono essere facilmente ricreati.
- Per rendere più facile il confronto tra i termini, Google Trends normalizza i dati di ricerca per periodo di tempo, posizione e argomento. Visualizza quindi la popolarità relativa di un termine nel tempo, non assoluta.
- I numeri rappresentano l’interesse di ricerca relativo al punto più alto del grafico per la regione e l’ora specificate. Un valore di 100 è il picco di popolarità del termine.
- A causa di un cambiamento nella metodologia di Google Trends il 1 ° gennaio 2011, relativo a una migliore assegnazione geografica, la maggior parte dei grafici che presentiamo in questo articolo inizia da questa data
- Ad esempio, utilizzando le virgolette doppie attorno ai termini di ricerca “Idee regalo”, i risultati includono la frase esatta, possibilmente con le parole prima o dopo, come “idee regalo di compleanno” (qui trovate alcuni tips).
Il cambiamento nella ricerca del termine “free”
Precedentemente abbiamo discusso la strana intersezione di “migliore” ed “economico” nei dati di ricerca. Ma questi due modificatori non erano tutto ciò che veniva cercato: nei primi anni 2000 il termine “free” era il più usato (figura 1).
Le apparenze possono però ingannare. Quando guardiamo i tipi di ricerche che contengono questi modificatori, iniziamo a vedere alcuni schemi. Negli anni 2000 non cercavamo tutto gratuitamente. Per la maggior parte, volevamo intrattenimento gratuito: giochi, musica e film (figura 2).
Negli ultimi 16 anni il volume relativo delle ricerche di intrattenimento contenenti “free” diminuisce gradualmente e, nel 2020, la frequenza di queste espressioni è molto più bassa in termini relativi.
Il declino di “free” è in parte dovuto al comportamento di ricerca in evoluzione ma, ovviamente, non possiamo dimenticare che è anche una conseguenza di come le nuove piattaforme e i servizi di streaming hanno cambiato l’industria dell’intrattenimento. Nel 2004 non c’era YouTube (fondato nel 2005), né Spotify (fondato nel 2006), Netflix era ancora un’attività di vendita e noleggio di DVD (non offriva lo streaming fino al 2007) e non c’era l’App Store (lanciato nel 2008).
Questo non vuol dire che “free” non sia più presente nelle ricerche oggi. Rappresenta ancora un volume significativo, ma i tipi di cose “free” che vengono cercate si sono evolute e la composizione delle query di ricerca che contengono “free” ci aiuta a capire tale evoluzione. Ad esempio, se limitiamo la nostra analisi alla categoria cibi e bevande, vediamo che quando le persone utilizzano la parola “free” in una ricerca tendono a cercare articoli “privi di” un ingrediente o allergene specifico (figura 3).
Quando consideriamo la variazione di ricerca di diversi modificatori dobbiamo tenere a mente che la stessa parola può avere diversi significati in diversi paesi e lingue.
Ok Google, andiamo a fare shopping
Concentriamoci ora su modificatori e categorie all’interno di un contesto commerciale. Esaminiamo 7 importanti modificatori di ricerca:
- “idee”
- “migliore”
- “differenza tra”
- “economico”
- “offerte”
- “recensioni”
- “codici sconto”
L’ordine in cui sono elencati questi sette modificatori è intenzionale. Anche se potrebbe non essere possibile classificare rigorosamente una query di ricerca come esplorativa o valutativa, è possibile almeno ipotizzare che alcune ricerche abbiano un’intenzione “espansiva” di raccolta di informazioni e altre un’intenzione più “riduttiva” di selezione.
OK Google, suggeriscimi idee
Il modificatore “idee” ha gradualmente aumentato nel tempo la sua quota di ricerca nel Regno Unito (figura 4).
“Idee” è probabilmente il più espansivo dei sette modificatori. Questo termine viene utilizzato nella fase esplorativa quando si cercano nuove informazioni, ispirazione e marchi da aggiungere al set di considerazione.
Le ricerche contenenti “idee” sono spesso conseguenza di uno o più fattori scatenanti, come la necessità urgente di identificare e acquistare un regalo per qualcuno. Sebbene “Idee regalo di Natale” sia la frase con un volume maggiore di ricerche come mostrato nella figura 5, anche “idee regalo di compleanno” (abbastanza piatto dato che i compleanni si verificano tutto l’anno) e “idee regalo per l’anniversario” (picco a maggio-settembre di ogni anno, dato che, nel Regno Unito, più coppie si sposano nei mesi estivi rispetto che in inverno) hanno un volume importante.
Ci si rivolge sempre più spesso a Google anche per avere idee su cosa preparare da mangiare (figura 6).
Quando si tratta delle nostre case, ogni stanza è oggetto di ricerca di idee, ispirazione e possibili aggiunte (figura 7).
Una caratteristica interessante delle ricerche contenenti “idee” è che, rispetto ad altri modificatori, il termine a cui compaiono accanto non è quasi mai un brand o un rivenditore. Nel 2019 nel Regno Unito, meno del 5% delle ricerche di idee regalo, idee per pasti e idee per le stanze conteneva anche il nome di un brand o di un rivenditore. Ciò supporta l’ipotesi che le ricerche di “idee” siano associate a una mentalità di esplorazione: le persone stanno aggiungendo informazioni, prodotti e marchi al proprio set di considerazione, non stanno valutando una lista già definita di opzioni.
OK Google, qual è il migliore?
Il modificatore “migliore” è usato in moltissime categorie diverse. Le persone usano “meglio” come modificatore nelle ricerche di qualsiasi cosa, dalle assi da stiro alle assicurazioni, dai televisori alle destinazioni di viaggio.
Non è sempre facile capire se “il migliore” venga utilizzato durante la fase esplorativa o valutativa. Si potrebbe presumere che sia strettamente valutativo, dopo tutto, chiedere cosa sia “migliore” implica un confronto fianco a fianco. Ma a un esame più attento, risulta che “migliore” viene utilizzato anche per esplorare categorie insieme a termini di ricerca più generici. Ad esempio, quando esaminiamo le ricerche complessive dei “migliori” ristoranti e luoghi in cui mangiare, nonché dei migliori bar e pub, possiamo vedere che questi sono tutti in costante crescita nel tempo (figura 8).
Nell’esempio della categoria viaggi e turismo, tutte queste ricerche di “migliori” sono di natura chiaramente esplorativa (figura 9).
OK Google, qual è la differenza?
Il cibo, e in particolare le nuove tendenze alimentari, possono spesso essere fonte di confusione per i consumatori. Non sorprende quindi che spesso si chieda a Google di spiegare la “differenza tra” due prodotti (figura 10).
Ad esempio, si chiede aiuto per capire le differenze tra due articoli correlati: cappuccino e caffelatte, lievito e bicarbonato, uva sultanina e uvetta, fromage frais e creme fraiche, whisky e bourbon, vegetariano e vegano, champagne e prosecco, paella e risotto.
Questa tendenza, in particolare, suggerisce sia l’espansione della scelta nel ‘messy middle’, sia il desiderio dei consumatori di informazioni che chiariscano e rassicurino.
OK Google, voglio il viaggio migliore, ma anche economico
Il modificatore “economico” è usato molto spesso in relazione a viaggi e turismo, anche nel 2020, quando queste categorie sono state sconvolte dalla pandemia di coronavirus. Delle prime 10 query di ricerca nel Regno Unito dal 2011, che includono o sono correlate a “economico”, sette provenivano dalla categoria viaggi e turismo (figura 11).
Guardando le ricerche di viaggi “migliori” e “economici” fianco a fianco, si vede come seguano lo stesso andamento a livello aggregato (figura 12).
Come “migliore” occupa una funzione esplorativa quando viene utilizzato insieme a un termine di ricerca generico, così questi due modificatori vengono utilizzati sia per l’esplorazione che per la valutazione.
Da un lato, si eseguono ricerche esplorative per determinare le destinazioni, i ristoranti e le attività più attraenti. Ad esempio, le tendenze per “posti migliori”, “spiagge migliori”, “migliori hotel a” e “cose migliori da fare”. D’altra parte, si cerca di pagare il meno possibile per il trasporto per arrivarci e per l’alloggio una volta arrivati, modificando spesso le ricerche di viaggio con “economico” (anche se “economico” ha subito una diminuzione di ricerche nel tempo, figura 13).
È interessante notare che le ricerche di viaggi che includono “economico” raramente contengono i nomi dei brands. Anche se si potrebbe presumere che le ricerche “economiche” siano puramente valutative, l’assenza di brands mostra che queste sono spesso anche esplorative.
OK Google, mostrami le occasioni
Tre modificatori utilizzati in categorie simili e per scopi simili sono “affari”, “offerte” e “sconti”.
Gli “affari” sono particolarmente comuni nel settore di Internet e delle telecomunicazioni. Questo modificatore viene usato per esplorare e valutare connessioni a banda larga, contratti telefonici e abbonamenti TV (figura 14).
È molto più difficile caratterizzare le ricerche contenenti “affari” come esplorazione o valutazione in base alla presenza di brand. Entrambi sono comunemente usati con e senza nomi di brand, il che implica che le persone cercano in modo estensivo informazioni e nuovi brands, oltre a valutare criticamente le offerte fatte dai marchi che stanno prendendo in considerazione.
Ad esempio, le prime 15 ricerche “solo offerte sim” nel Regno Unito nel 2019 comprendevano 11 con un marchio (in rosso) e 4 senza (in rosa, figura 15).
Altri modificatori di questa natura mostrano tendenze simili nel tempo, anche se con affinità di categoria diverse. “Affari” è per le telecomunicazioni, “offerte” per la vendita al dettaglio di generi alimentari, soprattutto con prezzi unitari relativamente alti, come gli alcolici, mentre la parola “sconti” tende ad essere associata a categorie di vendita al dettaglio come abbigliamento e mobili.
OK Google, ha buone recensioni?
Il modificatore di ricerca “migliore” può aiutare le persone a scoprire ciò che gli altri considerano valga la pena fare o acquistare. Un modo ancora più esplicito per esprimere il desiderio di indagare sulle opinioni degli altri è includere il modificatore “recensioni” in una ricerca. Esiste un’importante distinzione tra le ricerche che contengono “migliore” e “recensioni”: nelle ricerche che contengono “migliore” raramente viene nominato un brand, mentre nelle ricerche che contengono “recensioni” quasi sempre viene identificato.
Ad esempio, nelle principali query di ricerca nel Regno Unito degli ultimi 10 anni nella categoria computer ed elettronica, delle prime 10 relative a “migliore”, solo una contiene il nome di un produttore o di un brand di prodotto (“miglior ipad” ). Al contrario, tutte le prime 10 query di ricerca relative a “recensione” tranne due contengono il nome di un’azienda o di un brand, ad eccezione dei primi due risultati (“recensione laptop” e “recensione cuffie”, figura 16).
Il modificatore “recensione” fornisce un chiaro esempio di utenti che cercano attivamente punti di vista autorevoli per aumentare le certezze durante il processo decisionale. A differenza di “migliore”, il fatto che le ricerche “recensione” in genere contengono i nomi di brand e prodotti specifici suggerisce che le ricerche di recensioni nel complesso sono più valutative che esplorative. In molti casi sembra che le persone abbiano in mente uno o più potenziali brand e modelli e siano alla ricerca di ulteriori informazioni per valutare la scelta migliore.
La presenza del nome di un marchio nelle ricerche indica spesso che ci si trova in fase valutativa, soprattutto se in combinazione con un nome di prodotto specifico. Tuttavia, è importante notare, che ciò non è sufficiente per identificare la modalità mentale dell’acquirente.
OK Google, posso avere uno sconto?
L’ultimo modificatore di ricerca è “codice sconto”, anche se viene raggruppato con “codice promozionale”. Questi modificatori sono aumentati negli ultimi 10 anni, con un picco a novembre e dicembre (figura 17).
La maggior parte delle ricerche contenenti “codice sconto” contiene anche il nome di un rivenditore. Ad esempio, delle prime 15 query correlate per questi termini nel Regno Unito nel 2019, 11 (in rosso) contenevano il nome di un rivenditore (figura 18).
La presenza di un rivenditore nominato in queste ricerche implica che si sta svolgendo poca esplorazione e che anche la fase di valutazione potrebbe essere prossima alla fine. Questi modificatori indicano l’estrema vicinanza al momento dell’acquisto.
Modificare il ‘messy middle’
Come mostrano questi esempi, la relazione con le cose che cerchiamo è complessa e mutevole. I modificatori di ricerca utilizzati dalle persone sono una ricca fonte di informazioni su come il pensiero e il comportamento si sono evoluti nel tempo e possono persino offrire indizi sui bias cognitivi sottostanti.
“Migliore” ed “economico” in tutto il mondo
Sebbene sia necessario tenere conto di come il significato delle parole possa differire tra le categorie, molte delle tendenze identificate nei dati del Regno Unito sono visibili anche in altre aree geografiche e linguistiche. Questo è il modo in cui lo schema “migliore”, “economico” e “free” appare in tutte le ricerche a livello globale in inglese (figura 19).
Tendenze simili per “migliore” ed “economico” sono visibili anche quando traduciamo questi termini nelle lingue native di molti altri paesi:
Le linee per “migliore” e “economico” non si incrociano sempre come nel Regno Unito: ad esempio negli Stati Uniti, le ricerche che includono “migliore” sono state più frequenti dall’inizio. Tuttavia “migliore” ha ancora un aumento costante negli Stati Uniti e “economico” un calo molto graduale, rendendolo sostanzialmente coerente con il Regno Unito e altri paesi.
Come influenzare il ‘messy middle’
Nella fase successiva della ricerca l’analisi della letteratura, i dati di Google Trends e le osservazioni sugli acquisti sono stati applicati ad un contesto sperimentale. Nel corso di 310.000 scenari di acquisto simulati, è stato testato l’impatto che vari bias comportamentali possono avere sulle preferenze di marca degli acquirenti.
Homo-not-so-economicus
Poiché le teorie sull'”uomo economico” hanno lasciato il posto a metafore su cavalieri ed elefanti, sembrerebbe che la maggior parte degli scienziati comportamentali sia concorde sul fatto che il processo decisionale comprende sia la ragione che l’emozione.
Nel contesto delle decisioni di acquisto il grado di razionalità aumenta con la dimensione e l’importanza dell’acquisto. Chiunque abbia mai comprato un’auto, una casa o una vacanza costosa, sa che il momento in cui l’affare si chiude è ancora denso di emozioni complesse. D’altra parte, anche un acquisto apparentemente funzionale e a basso costo, come l’acquisto di uno shampoo, può essere spinto da considerazioni emotive o razionali a seconda dell’individuo. A confondere ulteriormente le acque c’è la pubblicità, in particolare il branding. I marchi spesso cercano una connessione emotiva con i consumatori, queste associazioni spesso sono una potente fonte di cambiamento comportamentale.
Per progettare un esperimento che esaminasse il modo in cui il comportamento viene influenzato durante le fasi cruciali di esplorazione e valutazione, è stato stilato un elenco di bias della scienza comportamentale da testare. Per questo, The Behavioral Architects è tornato alla letteratura della scienza comportamentale accademica. Nel corso di più di 50 anni la disciplina ha codificato circa 300 principi che spiegano il funzionamento conscio e inconscio della mente umana. Ovviamente, non tutti i 300 sono rilevanti nel contesto in esame, quindi durante una revisione approfondita, il team ha ridotto l’elenco a sei bias che sono strettamente associati alle fasi di esplorazione e valutazione del modello.
Un riepilogo dei 6 bias
I nomi utilizzati per questi bias possono o meno esservi familiari, ma le definizioni sottostanti sono congruenti con quelle utilizzate nella scienza comportamentale accademica.

Bias cognitivi e decisioni di acquisto online – Fonte immagine: thinkwithgoogle.com/
1. Le euristiche di categoria sono scorciatoie o regole pratiche che ci aiutano a prendere una decisione rapida e soddisfacente all’interno di una data categoria. Un esempio potrebbe essere quello di concentrarsi sul numero di megapixel della fotocamera al momento dell’acquisto di uno smartphone o su quanti gigabyte di dati sono inclusi in un contratto di telefonia mobile. Gli psicologi di Princeton, Shah e Oppenheimer, hanno scoperto che l’euristica riduce lo sforzo cognitivo attraverso i seguenti impatti sul processo decisionale:
- Esaminare un minor numero di informazioni
- Affidarsi a informazioni di facile accesso
- Semplificare la ponderazione delle informazioni
- Integrare meno informazioni in un processo decisionale
- Considerare complessivamente meno alternative
2. Il bias dell’autorità descrive la tendenza a modificare le nostre opinioni o comportamenti per conformarli a quelli di qualcuno che consideriamo un’autorità su un argomento. Quando non siamo sicuri, tendiamo a seguire l’esempio di persone che riteniamo essere esperti credibili e competenti e quindi possiamo utilizzare una visione autorevole come scorciatoia mentale. In un esperimento, il cervello di 24 studenti universitari è stato scansionato mentre prendeva decisioni finanziarie. Se gli studenti ricevevano consigli da un noto economista, le scansioni mostravano che le parti decisionali del cervello mostravano meno attività poiché gli studenti “scaricavano” il peso del processo decisionale sull’esperto.
3. La prova sociale postulata dallo psicologo Robert Cialdini descrive la tendenza a copiare il comportamento e le azioni di altre persone in situazioni di ambiguità o incertezza. Internet ha digitalizzato recensioni e consigli basati sul passaparola, rendendo molto più facile per le persone fare affidamento sulla prova sociale come scorciatoia per il processo decisionale. A volte ne siamo consapevoli, ad esempio se ci prendiamo il tempo di leggere le recensioni dei consumatori, ma spesso ne siamo influenzati inconsciamente. Ad esempio, senza pensare, potremmo fare clic su un annuncio che include una valutazione a quattro o cinque stelle, siamo attratti perché sembra essere una scelta popolare.
4. Power of now descrive il fatto che tendiamo a volere le cose ora piuttosto che dopo. Gli esseri umani sono programmati per vivere nel presente, la nostra sopravvivenza evolutiva dipendeva dalla nostra capacità di affrontare i problemi del qui e ora piuttosto che dalla nostra capacità di pianificare il futuro. Questo spiega perché le persone spesso trovano difficile risparmiare per il loro futuro. “Power of now” spiega anche il successo dei download istantanei o della consegna in 24 ore rispetto al dover aspettare per ottenere un prodotto.
5. Il bias della scarsità si basa sul principio economico che le risorse rare o limitate sono più desiderabili. Come afferma Robert Cialdini: “Il principio della scarsità si basa sulla nostra debolezza per le scorciatoie”. La scarsità assume tipicamente una delle tre forme:
- Tempo limitato: quando c’è un limite di tempo alla disponibilità di un prodotto, si crea una scadenza che induce le persone ad agire prima che il tempo sia scaduto.
- Quantità limitata: le forniture limitate o rare sono percepite dalle persone come una minaccia alla loro libertà di scelta, innescando una reazione per combattere la minaccia e mantenere il loro accesso alla risorsa.
- Accesso limitato: significa accesso limitato a funzioni come informazioni, gruppi o spazi. La censura fa sì che le persone attribuiscano un valore maggiore alle funzionalità limitate perché l’esclusività le fa sentire speciali.
6. Il potere del gratuito descrive il fatto che c’è qualcosa di speciale nel costo zero. La richiesta di un prodotto o servizio è notevolmente maggiore a un prezzo di esattamente zero rispetto a un prezzo anche leggermente superiore. Nel suo libro “Predictably Irrational”, l’economista comportamentale Dan Ariely scrive di uno studio in cui alle persone veniva data la possibilità di scegliere tra due offerte. Una era una carta regalo Amazon gratuita da $ 10, l’altra una carta regalo da $ 20 che poteva essere acquistata per soli $ 7. Più persone hanno scelto la carta regalo da $ 10, nonostante l’altra opzione offrisse un valore superiore. Il potere del gratuito può essere pensato come un interruttore emotivo, una fonte di eccitazione irrazionale che può essere fondamentale per persuadere un consumatore a prendere una decisione di acquisto.
Sebbene questo elenco non sia esaustivo di tutti i bias in gioco, i sei considerati rappresentano alcuni dei più importanti principi identificati dalla letteratura, tutti adatti per test su larga scala.
Esperimento per testare i sei bias
I bias identificati da The Behavioral Architects sono stati esaminati a fondo in un contesto accademico, ma per calibrare la loro importanza per i professionisti del marketing sono stati inseriti in un contesto di acquisto per vedere come influenzano l’impatto emotivo dei brands in concorrenza. Il team di Google ha così costruito una simulazione di acquisto appositamente creata per fornire le informazioni di cui hanno bisogno gli esperti di marketing.
Per l’esperimento è stato scelto di applicare l’analisi congiunta, una tecnica statistica molto utilizzata e ben compresa nel marketing per quantificare l’importanza relativa che le persone attribuiscono ai diversi attributi di un prodotto o servizio. Tipicamente un’analisi congiunta confronta l’importanza di una serie di caratteristiche o vantaggi tangibili riferiti a una proposizione, in questo caso i punti di varianza del test sono stati la presenza e la forza relativa dei bias cognitivi.
É stato creato un sito Web generico e senza brand per collocare il processo decisionale dei partecipanti in un contesto familiare. Prima dell’inizio della simulazione, agli acquirenti è stato chiesto di dichiarare il primo e il secondo brand preferito da una selezione all’interno di una categoria specifica. Queste preferenze sono poi diventate la base della simulazione, con la richiesta agli acquirenti di scegliere tra coppie di brand a cui erano stati applicati alcuni o tutti i sei bias.
Utilizzando questo metodo, è stato possibile misurare la preferenza tra brand in condizioni di parità e testare il potere di ogni bias per cambiare la preferenza dai brand preferiti a quelli meno favoriti.
Alcune limitazioni nell’esperimento
Ci sono, ovviamente, un paio di variabili del mondo reale di cui la simulazione non può tenere conto. La prima è il prezzo che è spesso un fattore determinante nelle decisioni di acquisto, soprattutto dove c’è un grande divario tra le opzioni. Pertanto, agli acquirenti che hanno partecipato alla ricerca è stato detto che i prodotti e i servizi che stavano considerando avevano un prezzo pari al valore di mercato corrente, eliminando quindi la variabile prezzo.
La seconda ha a che fare con la costruzione del brand. Una volta nella simulazione, gli acquirenti sono stati esposti ai loghi e ai colori dei loro marchi preferiti. Qualsiasi associazione preesistente tra gli acquirenti e quei brands (ciò che il modello di marketing definisce “esposizione”) è rimasta attiva durante tutta la simulazione.
La metodologia per l’esperimento bias cognitivi
Per verificare se l’impatto della preferenza di brand e del bias cognitivo rimane stabile tra le categorie, sono stati selezionati 31 prodotti che rappresentano un’ampia gamma di rischi, complessità e investimenti emotivi e finanziari, coprendo diversi settori, inclusi viaggi, servizi finanziari, beni di consumo, vendita al dettaglio e servizi (figura 1).
Dato il formato di acquisto online dell’esperimento, sono stati stabiliti alcuni criteri generali per definire il campione di acquirenti.
Era necessario includere partecipanti che avessero familiarità con lo shopping online, per questo sono stati scelti utenti che hanno affermato di aver fatto acquisti presso il più grande rivenditore online del Regno Unito. Allo stesso modo, si volevano acquirenti che avessero familiarità con la ricerca di prodotti online, quindi sono state selezionate persone che avevano utilizzato il motore di ricerca più popolare del Regno Unito. Insieme, queste due caratteristiche hanno fornito un campione ampio e qualificato di partecipanti che avevano familiarità con i parametri e le convenzioni dello shopping online.
La qualifica finale e più importante era che ogni partecipante doveva essere interessato al prodotto presentato nella simulazione e intendeva acquistarlo entro un periodo di tempo appropriato per quella categoria. Inoltre sono stati esclusi gli utenti che hanno affermato di aver già deciso quale prodotto acquistare, per escludere la possibilità che i partecipanti avessero già esaurito le proprie capacità di esplorazione e valutazione.
Per garantire una dimensione del campione significativa per ogni prodotto, sono stati reclutati 1.000 utenti per categoria arrivando a un campione totale di 31.000 acquirenti. La partecipazione è stata remota, con ogni acquirente che ha completato 10 simulazioni di acquisto all’interno di una data categoria, per un totale di 310.000 scenari di acquisto all’interno dei quali analizzare i sei bias cognitivi.
La simulazione
L’obiettivo delle simulazioni di acquisto è capire come migliorare l’efficacia del marketing nel ‘messy middle’, utilizzando i principi della scienza comportamentale per evitare o creare preferenze di marca. Questo si traduce in un triplice obiettivo di ricerca:
- Quantificare e misurare l’importanza della preferenza del marchio nel messy middle
- Quantificare e misurare la suscettibilità al cambiamento di tali preferenze attraverso l’applicazione di bias cognitivi
- Comprendere come i punti precedenti variano a seconda delle categorie di prodotto
Prima dell’inizio della simulazione, è stato chiesto a ciascuno dei 31.000 acquirenti di comunicare i loro brand di prima e seconda scelta. Queste preferenze sono poi apparse sullo schermo come nell’esempio (figura 2).
Le convenzioni di navigazione e il layout del sito sono stati modellati sulla base di rivenditori familiari, ma senza alcun brand specifico nell’interfaccia utente. Gli unici segnali del brand ricevuti dall’acquirente erano quelli esposti all’interno della cornice sperimentale stessa.
All’interno della cornice, agli acquirenti sono state presentate due finestre, Prefer A e Prefer B. Durante la simulazione, queste finestre contenevano otto riquadri più piccoli, che mostravano i loghi dei brands testati e le informazioni sul prodotto che l’acquirente avrebbe potuto trovare durante l’esplorazione. Nella simulazione, tutte queste informazioni erano contenute in una schermata anziché essere rivelate nel corso di diversi clic e schermate sequenziali.
Durante i test i principi di scienza comportamentale sono stati applicati su queste informazioni supplementari del prodotto. Ad esempio, le valutazioni in stelle sono state variate per testare diverse applicazioni del principio della prova sociale o sono stati proposti diversi tipi di recensioni per misurare l’importanza del bias di autorità. Ciascuna delle espressioni presenti in questi riquadri informativi aveva fino a tre livelli di intensità (ad esempio recensioni a tre, quattro e cinque stelle) per il confronto. Le espressioni dei bias erano modellate su istanze del mondo reale, ma erano piuttosto basilari nella loro esecuzione, prive di qualsiasi tipo di creatività.
Con i loghi dei brand e le informazioni pertinenti a disposizione, agli acquirenti è stato chiesto di scegliere quale preferissero. Sono stati istruiti a non pensare troppo alla decisione, ma a seguire lo stesso processo di scelta che avrebbero utilizzato in un acquisto nella vita reale. Dai risultati raccolti, è stato misurato l’impatto di ogni singolo elemento o combinazione di elementi, quantificando l’aumento o la diminuzione della quota di preferenza per il rispettivo brand.
Il potere di essere presenti
Implicita nella struttura dell’esperimento è l’idea che per togliere la quota di preferenza a un brand concorrente, bisogna essere presenti quando i consumatori prendono una decisione. Questo potrebbe sembrare ovvio, ma è un punto fondamentale che non si deve sottovalutare: è molto importante essere presenti al momento giusto. Nella prima analisi dei dati della simulazione, sono stati confrontati il primo e il secondo brand di riferimento, con sotto controllo statisticamente i bias per rimanere neutrali.
Questo esempio (figura 3) ha simulato l’acquisto di un’auto (in particolare un SUV), decisione in cui si potrebbero considerare diversi aspetti come sicurezza, affidabilità, efficienza e prestazioni.
In questo grafico è possibile vedere che quando è stato introdotto come opzione il marchio di seconda scelta, il 30% degli acquirenti ha cambiato rispetto alla prima preferenza. Naturalmente, per molti acquirenti anche il marchio di seconda scelta potrebbe essere positivamente associato a molti dei fattori sopra menzionati.
Anche tenendo presente questo fatto, è notevole che, nonostante le preferenze dichiarate, e controllando statisticamente le differenze tra le altre variabili, dare agli acquirenti la possibilità di scegliere il marchio di seconda scelta è stato sufficiente per attirare il 30% via dalla scelta iniziale.
La categoria delle auto è piena di brand conosciuti, quindi questo risultato potrebbe essere in parte dovuto all’esposizione acquisita relativa ai brand in oggetto. Cosa succede se consideriamo un’altra categoria, con attributi di brand molto diversi? L’acquisto di un’auto si trova a un’estremità dello spettro di complessità di acquisto nella matrice dei prodotti, quindi valutiamo un acquisto correlato ma meno complesso: l’assicurazione auto (figura 4).
Si scopre che anche l’assicurazione auto è tutt’altro che immune al potere di presenza. L’effetto è persino maggiore di quello osservato nella simulazione dell’acquisto di un’auto. Solo altre due categorie delle 31 prese in considerazione nell’esperimento hanno evidenziato un maggior tasso di cambio rispetto all’assicurazione auto.
Secondo la matrice dei prodotti, l’acquisto di un’assicurazione auto non è solo meno complicato dell’acquisto di un’auto, ma è anche meno piacevole. Queste caratteristiche potrebbero in parte spiegare il maggiore impatto dell’introduzione del brand di seconda scelta, in quanto suggerisce che l’acquisto richiede livelli di coinvolgimento inferiori e quindi è più incline al passaggio.
Di seguito è riportato un grafico che mostra tutte le categorie dell’esperimento (figura 5), ordinate in base all’impatto sulla quota di preferenza quando agli acquirenti è stata offerta la scelta di un secondo marchio.
L’entità dell’impatto sulla quota di preferenza varia notevolmente da un minimo di 18% di spostamento di preferenza per la categoria smartphone, ad un massimo del 44% per la categoria arredo bagno.
Ciò che questo grafico mostra è la probabilità nelle diverse categorie che gli acquirenti passino dal marchio di prima scelta dichiarato alla seconda scelta, quando vengono presentati entrambi come opzioni. Tuttavia, poiché ogni brand all’interno di una categoria ha un diverso livello di resilienza, il grafico non può essere utilizzato per prevedere la misura in cui ogni singolo marchio sarà suscettibile al trasferimento di preferenza a favore di un concorrente.
L’analisi delle prestazioni rivela degli schemi interessanti: i brand di beni di consumo confezionati sono sostanzialmente meno suscettibili alla presenza di un altro marchio rispetto a servizi come rete mobile, banda larga e fornitore di energia. I prodotti di vendita al dettaglio generici come giocattoli per bambini, laptop, TV, abbigliamento e divani sono sparsi ovunque, mentre i prodotti di servizi finanziari (mutuo, carta di credito, ISA, assicurazione auto) si trovano generalmente sul lato destro, con una maggiore propensione allo spostamento di preferenza.
Una volta stabilita una base per il cambiamento di preferenza non influenzato dai bias cognitivi, sono stati introdotti i 6 bias selezionati per valutare il possibile grado di variazione delle preferenze.
Prova sociale: le persone rispondono alle persone
In quasi tutti i casi, la prova sociale (espressa come recensioni a tre stelle rispetto a cinque stelle) si è rivelata il più potente bias comportamentale, avendo l’effetto maggiore o il secondo più grande in 28 delle 31 categorie testate.
Dare alle persone prove che altri acquirenti hanno già avuto un’esperienza positiva con un marchio, un prodotto o un servizio è estremamente persuasivo. Utilizzare la prova sociale come strumento di marketing può essere difficile poiché si basa sulla condivisione dell’esperienza post-acquisto da parte dei clienti. Tuttavia, quando esiste, può anche essere evocata in modo semplice ed efficace attraverso affermazioni come “il preferito da …” o “la scelta popolare“.
La scienza comportamentale e i bias cognitivi
Molti dei bias testati sono ancora più facili da utilizzare, non richiedono né grandi volumi di valutazioni da parte dei clienti, né di avere grande abilità con le parole. Molti possono essere implementati tramite argomenti semplici e modifiche al design.
Euristiche di categoria
Le euristiche di categoria sono efficaci e relativamente semplici da implementare. Nella simulazione, hanno ottenuto l’effetto maggiore o il secondo più grande in 14 delle 31 categorie. Nella letteratura scientifica, le euristiche di categoria sono definite come scorciatoie o regole pratiche che aiutano le persone a prendere decisioni: informazioni significative che aiutano a chiarire le opzioni, come la quantità di memoria in un laptop o il numero di carati in un diamante.
Per fare un uso efficace delle euristiche di categoria, i professionisti del marketing devono comprendere quali caratteristiche i consumatori valutano più importanti per un determinato prodotto o servizio. Questa è spesso anche la caratteristica che apprezzano di più. Ad esempio, per la banda larga, evidenziando il volume di dati disponibile si è ottenuto il trasferimento più elevato in percentuale di preferenze rispetto al marchio preferito iniziale (figura 6).
Bias Cognitivi – euristica di categoria
Le euristiche di categoria si sono rivelate un fattore decisivo anche nella finanza, ottenendo il maggior trasferimento di quota di preferenza sia per le categorie mutui che per le assicurazioni auto. In questi prodotti altamente strutturati, le simulazioni mostrano che i consumatori sono particolarmente in sintonia con la ricerca di caratteristiche come la durata di una rata fissa o il “bonus protetto” (figure 7 e 8).
Bias dell’autorità
Il bias dell’autorità è un modo molto efficace per rassicurare gli acquirenti attraverso la citazione di riconoscimenti e recensioni di esperti. Ciò si è rivelato particolarmente efficace nelle categorie in cui i consumatori potrebbero sentirsi in difficoltà a causa della mancanza di conoscenze specifiche dell’argomento, come l’arredamento, il miglioramento della casa e l’elettronica. Non sorprende che la simulazione abbia anche scoperto che quando si tratta di autorità, una pubblicazione di un ente noto per la sua l’imparzialità tende ad avere un peso maggiore di una recensione di una industria del settore (figura 9).
Bias della scarsità
La comunicazione di scarsa disponibilità è forse uno dei bias di scienze comportamentali più riconoscibili nell’elenco. Tuttavia, nelle simulazioni era molto spesso il bias meno efficace. Sebbene possa essere importante come fattore decisivo durante la valutazione finale, nella fase di esplorazione gli acquirenti potrebbero percepirlo come restrittivo ed avere una reazione negativa.
Potere del gratuito
Il potere del gratuito può avere un’influenza importante sul comportamento, avendo l’effetto maggiore o il secondo più grande sul trasferimento di preferenza in 18 categorie su 31.
Nella categoria di autonoleggio, il potere del gratuito è stato testato offrendo sul marchio preferito un lavaggio auto gratuito, ed offrendo sul secondo marchio preferito un giorno extra di noleggio gratuito. Questo effetto si è rivelato il terzo più efficace di tutti i bias testati, con un trasferimento del 70% dalla marca preferita (figura 10).
Power of free executions tested: “free day – 3 days for the price of 2” and “free car clean”. Transfer of
preference from first choice to second choice brand – power of free analysis, car hire category.
Sebbene la distribuzione di omaggi e upgrade funzioni bene con transazioni costose, il potere del gratuito si è dimostrato valido anche con acquisti quotidiani a basso costo. Un’offerta “paghi uno prendi due” è stata la seconda modalità più efficace in questo bias nel trasferire la preferenza del marchio nella categoria dei detersivi, mentre i popcorn gratuiti al cinema hanno ottenuto un secondo posto.
Nella categoria dei voli a corto raggio, possiamo vedere un esempio interessante di come bias a volte si combinano. La possibilità di includere gratuitamente un bagaglio in stiva esprime sia la potenza del gratuito che un’importante euristica di categoria (figura 11). Questo è una questione a cui i partecipanti alla simulazione hanno dato attenzione e l’offerta si è quindi dimostrata la più efficace tra tutti i bias comportamentali nella categoria.
Power of free executions tested: “free checked luggage” and “free hot drink”. Transfer of preference from first
choice to second choice brand – “power of free” analysis, short-haul flight category.
Power of now
La gratificazione immediata della consegna rapida non ha fatto una grande differenza nella simulazione, ma ha comunque avuto un effetto significativo su alcune categorie. Nei beni di consumo in rapido movimento, prodotti come detergenti, creme idratanti, cereali e cibo per gatti hanno visto i consumatori rispondere positivamente alle offerte di consegna il giorno successivo (figura 12).
Power of now executions tested: “24 hour delivery” and “7 day delivery”. Transfer of preference from first choice
to second choice brand – “power of now” analysis, cat food category.
La consegna in giornata ha avuto un effetto apprezzabile anche nelle categorie di abbigliamento e giocattoli per bambini, dove la comodità di questa opzione serve a ridurre i rischi di un acquisto altamente individuale. Potrebbe essere efficace anche durante la valutazione quando può essere un elemento di distinzione tra varie opzioni concorrenti.
Potenziare il marchio di seconda scelta
Dopo aver esplorato una varietà di bias comportamentali in una serie di categorie, è stato valutato quanto le preferenze potrebbero essere modificate se il secondo brand preferito fosse “potenziato” con espressioni forti in tutti e sei i bias.
La categoria shampoo è un esempio interessante. I brand di shampoo di prima scelta si sono dimostrati sorprendentemente resistenti quando è stato introdotto il marchio di seconda scelta, perdendo solo il 25%, meno di quanto si fosse disposti a cambiare in categorie ad alto costo come auto e mutui (figura 13).
Transfer of preference from first choice to second choice brand after introduction of second choice brand,
shampoo category.
La ragione di questa resilienza potrebbe essere che lo shampoo è un prodotto in cui, una volta identificato un brand di fiducia, le persone tendono a non cambiare. Quindi, quanta quota di preferenza si può togliere alla marca preferita usando tutti i bias a disposizione?
Il risultato è impressionante (o allarmante, a seconda del punto di vista) con il marchio di seconda scelta in grado di togliere il 90% delle preferenze al marchio di prima scelta quando viene potenziato con tutti e sei i bias (figura 14).
Transfer of preference from first choice to second choice brand – bias supercharging analysis, shampoo category.
Vediamo un risultato simile nella categoria dei detersivi, dove il potere dell’abitudine, la familiarità e gli enormi budget di marketing per i beni di largo consumo rendono le preferenze iniziali del brand incredibilmente resistenti in presenza di uno sfidante (figura 15).
Transfer of preference from first choice to second choice brand after introduction of second choice brand,
detergent category.
In effetti, di tutte le categorie di prodotti esaminate, solo le preferenze di smartphone e giocattoli per bambini si sono dimostrate più resistenti dei detersivi.
Tuttavia, quando è stato potenziato il secondo brand di detersivi preferito con una gamma di potenti espressioni mirate ai bias cognitivi, come un’offerta 2×1, recensioni a cinque stelle e un riconoscimento da parte di Which? (un marchio britannico che fornisce test, recensioni e consigli imparziali), l’impatto è stato notevole. Potenziata con tutto ciò, la seconda scelta ha vinto il 78% delle preferenze degli acquirenti, in una categoria in cui i marchi di prima scelta si erano dimostrati relativamente resistenti alla semplice introduzione della seconda scelta (figura 16).
Transfer of preference from first choice to second choice brand – bias supercharging analysis, detergent category.
Shampoo e detersivo sono entrambi acquisti abbastanza economici e di bassa complessità che si fanno più volte all’anno. Ma che dire di un grosso acquisto fatto solo una volta all’anno?
Le prime scelte per i pacchetti vacanza si sono dimostrate più suscettibili al cambio di preferenza degli acquirenti rispetto allo shampoo o al detersivo, con il 34% immediatamente disposto a passare al secondo brand preferito quando gli veniva data una scelta, mantenendo costanti gli altri bias (figura 17).
Transfer of preference from first choice to second choice brand after introduction of second choice brand,
package holiday category.
Con un impatto maggiore dall’introduzione del brand di seconda scelta, forse non sorprende che quando è stato potenziato con espressioni di tutti e sei i bias, il brand preferito di pacchetti vacanza si è trovato incapace di mantenere gran parte della sua quota di preferenza. In totale, il secondo brand preferito potenziato è riuscito ad attirare l’88% degli acquirenti, attratti da disponibilità limitata, recensioni positive e espressioni altrettanto potenziate su tutta la linea (figura 18).
Transfer of preference from first choice to second choice brand – bias supercharging analysis, package
holiday category.
In tutte le 31 categorie, quando i secondi brands preferiti sono stati potenziati con tutti e sei i bias cognitivi, il risultato è stato un profondo allontanamento dal preferito. Anche la categoria più resistente, il provider di rete mobile, ha mantenuto meno di un terzo della preferenza di prima scelta.
I prodotti finanziari come l’assicurazione auto, gli ISA e le carte di credito si sono dimostrati tra i più suscettibili a un trasferimento di preferenza dai marchi di prima scelta, mentre i prodotti di largo consumo come le creme idratanti e i cereali tra i più resilienti (figura 19).
Transfer of preference from first choice to second choice – bias supercharging analysis, all categories.
Questo testimonia in maniera abbastanza impressionante il potere dei sei bias comportamentali. Ma c’è un ulteriore scenario da testare.
Partire da zero
Per esplorare le implicazioni più estreme è stato introdotto un marchio jolly: il team Google ha creato un marchio di prova fittizio per valutare quanta quota di preferenza potrebbe prendere uno sfidante sconosciuto se fosse in grado di sfruttare tutti i bias.
Anche in questo caso i risultati sono stati una sorpresa. Ad esempio, nella categoria delle reti mobili, il marchio fittizio Gem Mobile è riuscito a prendere quasi il 50% delle preferenze dal marchio preferito (figura 20).
Transfer of preference from first choice to fictional brand – bias supercharging analysis, mobile network category
Entrare in nuovi mercati è una sfida. Anche ignorando le barriere operative all’ingresso, in molte delle categorie simulate, i budget di marketing esistenti e l’importanza dei marchi sono considerevoli, rappresentando un ulteriore ostacolo per i concorrenti. Un uso abile e intelligente della scienza comportamentale potrebbe dare ai nuovi arrivati un vantaggio considerevole.
Seguendo l’esempio di Gem Mobile, è stato creato Intergo, un nuovo provider di banda larga da testare contro la concorrenza consolidata. Allo stesso modo è stato sfruttato ogni bias su questo nuovo sfidante e l’effetto si è rivelato ancora più sorprendente. In questo caso, Intergo ha ottenuto il 73% di preferenza rispetto al marchio di prima scelta (figura 21).
Transfer of preference from first choice to fictional brand – bias supercharging analysis, broadband category.
Per raggiungere queste quote di preferenza così importanti, i due marchi sfidanti hanno avuto bisogno di proposte di gran lunga superiori. E in effetti, alcuni aspetti di queste proposte avanzate sono probabilmente fuori portata anche per uno sfidante ben finanziato. Ciò è particolarmente vero per il volume di recensioni positive necessarie per costituire una prova sociale persuasiva che deve essere guadagnata nel tempo man mano che i consumatori sperimentano un prodotto o servizio.
Vale anche la pena notare che i marchi affermati esercitano ancora una forte attrazione. Anche con una proposta di gran lunga superiore, la metà degli acquirenti di servizi di rete mobile ha comunque rifiutato Gem Mobile e ha optato per una proposta inferiore e meno attraente, perché proveniva dal loro brand preferito.
Il confronto tra i risultati ottenuti da Gem Mobile e Intergo potrebbe indicare che la fornitura di banda larga nel Regno Unito, operando in gran parte sulla stessa infrastruttura di rete, è più una commodity rispetto alla fornitura di rete mobile. Ma anche in questo caso, oltre un quarto degli acquirenti ha rifiutato lo sfidante e ha scelto di restare con il suo brand preferiti e collaudato.
In entrambe le simulazioni, i brands di seconda scelta hanno sovraperformato le loro controparti fittizie di un margine sostanziale quando entrambi sono stati potenziati nella stessa misura rispetto alla prima scelta.
Ma non ci siamo limitati a confrontare questi due tipi di prodotti, sono stati creati marchi fittizzi in ciascuna delle 31 categorie. Tutti i marchi hanno seguito vagamente le convenzioni della loro categoria, con loghi e caratteri tipografici derivati dalle loro controparti del mondo reale. Eppure, nonostante la loro plausibilità, resta il fatto che nessuno dei partecipanti aveva alcuna conoscenza di questi marchi prima del momento in cui gli sono stati proposti nel test. In termini di modello di marketing, il loro livello di “esposizione” era pari a zero.
È interessante notare che l’unica categoria in cui gli acquirenti hanno mostrato una relativa esitazione nel cambiare è stata quella dei cereali per la colazione, il marchio fittizzio Honey C’s ha ottenuto poco più di un quarto di trasferimento di preferenza anche quando la proposta è stata pesantemente potenziata (figura 22).
Transfer of preference from first choice to fictional brand – bias supercharging analysis, cereal category.
È possibile che questi acquirenti abbiano rilevato un indizio inconscio che ha segnalato l’inganno o, in alternativa, i cereali per la colazione, in particolare le varietà dolci, possono semplicemente godere di una forte fedeltà alla marca (figura 23).
Transfer of preference from first choice to fictional brand – bias supercharging analysis, all categories.
Il riordino dei prodotti ha generato alcuni schemi interessanti: i beni di largo consumo si trovano prevalentemente nella parte sinistra del grafico; servizi finanziari, viaggi e servizi a destra mentre le vendite al dettaglio sono sparse ovunque.
Bisogna comunque tenere in considerazione che questi schemi sono solo suggerimenti e non dovrebbero essere utilizzati per valutare le opportunità di ingresso in un mercato. Ci sono aspetti non controllabili di ogni brand e prodotto rispetto alla propria categoria che hanno influenzato il grado di spostamento delle preferenze, un numero molto maggiore di concorrenti per ogni categoria e un forte fattore geografico.
Riassunto dell’esperimento
Questa simulazione offre uno schema per comprendere come le persone prendono le loro decisioni nel messy middle. Nel corso delle 310.000 simulazioni si è visto come i bias comportamentali identificati con la revisione della letteratura possono avere effetto sulle preferenze degli acquirenti.
Dobbiamo sempre considerare che i diversi bias hanno effetti diversi nelle varie categorie e bisogna ricordare che sono stati usati argomenti semplici e design simili a quelli già utilizzati nelle categorie di riferimento, non è quindi possibile prevedere l’impatto della creatività nel controllare e potenziare i bias cognitivi.
Con queste premesse si possono trarre queste tre conclusioni:
1) Anche un brand sconosciuto può stravolgere le preferenze nel messy middle.
Può sembrare sorprendente ma questo risultato conferma le premesse che i bias comportamentali hanno effetti importanti sulle decisioni di acquisto. La storia del marketing è piena di start-up che compaiano dal nulla e acquisiscono una quota di mercato rilevante in poco tempo. Nonostante ci sia un gruppo di acquirenti (più o meno grande in funzione della categoria) che rimane fedele al marchio di prima scelta indipendentemente dalle offerte dei concorrenti, bisogna sempre tener conto dell’influenza dei bias cognitivi per potersi difendere dalla concorrenza. Ogni bias risponde a un bisogno cognitivo e, come i risultati del potenziamento mostrano, i marchi che sanno come aiutare i consumatori ad orientarsi e semplificare il processo decisionale ottengono spesso un riscontro positivo.
2) Leader di mercato, il marchio conta
Nonostante gli sforzi dei brand concorrenti, in ogni categoria una parte dei clienti rimane fedele al brand di prima scelta anche quando le alternative offerte sono molto migliori. In molti casi oltre il 50% ha preferito rimanere sulla prima scelta e non dare fiducia a un marchio sconosciuto, mentre solo il 20% circa ha mantenuto la prima scelta a discapito del marchio di seconda scelta quindi già conosciuto.
3) Essere presenti può essere sufficiente per spostare preferenze nel messy middle
Presentarsi al momento giusto è importante, questo effetto è visibile in tutte le categorie testate. Si è visto come la sola presenza di un’alternativa abbia fatto si che il 30% scegliesse il marchio di seconda scelta. In un mondo così complesso, a volte, mostrarsi al momento giusto può fare la differenza.
Mettersi a proprio agio nel messy middle
Il ‘messy middle’ non è sempre un posto facile da comprendere e governare, ma come dimostrano gli esperimenti, sfruttando alcuni importanti bias comportamentali, i marchi possono presentarsi al momento giusto e guadagnare le preferenze dei consumatori, qualunque sia la loro categoria.
Implicazioni del ‘messy middle’
Per i marchi affermati
Come dimostrano gli esperimenti di acquisto, anche i marchi affermati possono essere vulnerabili all’interno del messy middle. I grandi marchi non possono permettersi di restare passivi: comprendere il comportamento e la mentalità dei consumatori è fondamentale per proteggere la quota di mercato.
I marchi affermati hanno affrontato un investimento significativo e continuo nel tempo. La ricerca suggerisce che questi marchi potrebbero non ottenere più un buon ritorno su questo investimento se non sono consapevoli del potenziale del ‘messy middle’. Il solo fatto di essere presenti durante la considerazione iniziale non è sufficiente. Con gli acquirenti felici di passare attraverso più fasi di esplorazione e valutazione, anche i marchi più grandi devono assicurarsi di essere presenti e soddisfare le aspettative dei consumatori durante tutto il processo decisionale.
Per i marchi concorrenti
Per i marchi meno affermati, gli esperimenti di acquisto dimostrano che il ‘messy middle’ offre buone prospettive per operatori di marketing abili e intraprendenti. Il ‘messy middle’ offre un’opportunità alla concorrenza: i consumatori sono disposti a esplorare e valutare alternative e anche i marchi completamente nuovi hanno la possibilità di cambiare l’opinione dei consumatori, stravolgere le preferenze consolidate e acquisire nuovi clienti.
La ricerca rivela che le preferenze di brand dei consumatori possono essere fragili in molte categorie. Le intuizioni sull’impatto di bias come la prova sociale, il power of now e l’importanza della visibilità nei momenti chiave dell’esplorazione possono aiutare a livellare il campo di gioco anche contro marchi consolidati.
La buona notizia è che il giusto approccio al marketing nel ‘messy middle’ è identico sia per i marchi consolidati che per quelli concorrenti. Sono state identificate tre azioni chiave:
- Garantire la presenza del marchio, in modo che il prodotto o servizio sia in primo piano mentre i clienti esplorano.
- Utilizzare in modo intelligente (e responsabile) i principi della scienza comportamentale, in modo che le risorse e i messaggi diventino più convincenti man mano che i clienti valutano le loro opzioni.
- Colmare il divario tra trigger e acquisto, in modo che i clienti esistenti e potenziali trascorrano meno tempo esposti ai marchi della concorrenza.
1. Garantire la presenza del marchio
Essere presenti dal primo momento di valutazione è essenziale per qualsiasi brand che voglia emergere nel messy middle.
Il semplice fatto che venga offerta una scelta può portare a cambiamenti significativi nelle preferenze dei consumatori. I consumatori preferiscono istintivamente i brand che consentono l’esplorazione e li aiutano a dare un senso al messy middle, soprattutto quando vi entrano per la prima. Garantire la presenza del brand crea una propensione per i prodotti e servizi, che altrimenti verrebbe ceduta a marchi concorrenti.
Per superare le difficoltà e stabilire connessioni rapide ed efficaci con i clienti in modalità “esplorativa”, bisognerebbe:
- Usare i dati disponibili per qualificare e classificare gli acquirenti che stanno esplorando: gli algoritmi basati sui dati dovrebbero renderlo possibile su larga scala.
- Fornire un’ottima esperienza utente che semplifichi il più possibile l’esplorazione delle offerte.
- Presentare tutte le informazioni rilevanti di cui i potenziali clienti necessitano per passare rapidamente alla valutazione e quindi all’acquisto.
I marchi sono asset strategici a lungo termine, costosi da costruire e mantenere. Questa ricerca non ha lo scopo di definire una strategia di branding globale, né di fornire informazioni su come l’esposizione contribuisca a creare associazioni durature che l’attività di branding cerca di promuovere. Tuttavia semplici bias comportamentali possono minare anche le forti preferenze di brand.
Quindi, sia che si stia cercando di mantenere lo stato di preferenza di un marchio affermato o di introdurre un nuovo concorrente sul mercato, è importante mostrare e implementare i bias comportamentali più rilevanti.
L’esposizione non è solo una questione di parole chiave e annunci. A seconda della categoria, strumenti di confronto dei prezzi, social media, video, notizie e contenuti di nicchia come blog di giochi o di tecnologia possono essere altrettanto importanti per mantenere la presenza del marchio. La completezza è la chiave: qualsiasi lacuna nel piano mediatico potrebbe escludere dal giro mentre i consumatori iniziano a esplorare le loro opzioni.
2. Impiegare in modo intelligente (e responsabile) la scienza comportamentale
Nel suo libro del 2019 “Alchemy”, Rory Sutherland fa riferimento a una teoria attribuita all’ex dirigente pubblicitario di Ogilvy & Mather Joel Raphaelson. La teoria afferma che: “le persone non scelgono il marchio A rispetto al marchio B perché pensano che il marchio A sia migliore, ma perché sono più sicuri che sia buono”. Questa è una sottile distinzione ma confermata dai risultati della ricerca. In particolare, i consumatori cercano rassicurazioni per rafforzare le loro decisioni di acquisto durante la fase di valutazione del modello e nel passaggio all’acquisto.
I marchi stessi forniscono questa rassicurazione: nelle simulazioni di acquisto, anche quando i marchi fittizi o non preferiti sono stati potenziati in tutti e sei i bias, il brand preferito ha comunque mantenuto una certa quota di consumatori leali. Questo è solo un esempio di come una migliore comprensione dei bias cognitivi che sono alla base del processo decisionale può aiutare a creare una proposta convincente che attrae gli acquirenti a livello istintivo.
Impiegare la scienza comportamentale in modo intelligente
Sebbene l’affinità di marca preesistente e il prezzo siano fattori determinanti delle decisioni di acquisto, i risultati di acquisto possono essere fortemente influenzati dai messaggi, dalle proposte e dalle tattiche che i marchi concorrenti mettono in gioco.
I principi della scienza comportamentale possono essere applicati in diversi momenti all’interno del messy middle:
- Assicurarsi che i messaggi pubblicitari siano personalizzati in base alle esigenze degli acquirenti in fase di valutazione, contenendo bias comportamentali pertinenti alla categoria.
- Quando gli acquirenti visitano il sito, l’esperienza utente dovrebbe rendere il processo di valutazione il più semplice possibile, con dettagli e funzionalità appropriati.
- Usare tattiche come retargeting e remarketing per interagire con gli acquirenti in fase di valutazione evitando che tornino alla modalità di esplorazione.
Il processo di esplorazione e valutazione è intrinsecamente comparativo, è quindi una buona idea confrontare regolarmente la propria offerta e i messaggi con quelli della concorrenza. Mentre molti marchi controllano la concorrenza su prezzi e caratteristiche di prodotto, il ‘messy middle’ suggerisce che bisogna anche essere consapevoli della scienza comportamentale impiegata dai propri concorrenti.
Impiegare la scienza comportamentale in modo responsabile
L’economista Richard Thaler ha scritto molto sui “nudges” (spinta) piccoli segnali che indirizzano le persone verso un cambiamento comportamentale positivo ma non impediscono loro di fare una scelta alternativa se lo desiderano. Più di recente, Thaler ha introdotto la nozione di “sludge“, indizi comportamentali che, a differenza dei nudges, non hanno a cuore l’interesse del cliente o dell’utente finale.
Gli sludges servono solo a oscurare e distorcere il processo decisionale, rendendo il messy middle ancora più disordinato. Quindi è meglio evitare gli sludges poichè non vogliamo che i risultati delle ricerche vengano fraintesi o applicati in modo errato.
Fortunatamente, è già in fase di definizione un corpus crescente di linee guida sull’uso della scienza comportamentale. A livello di categoria, esistono codici di condotta per il marketing nei servizi finanziari, nella sanità e in altri mercati regolamentati che stabiliscono come utilizzare questi tipi di tattiche in modo responsabile e sostenibile. A livello di piattaforma, i servizi pubblicitari come Google Ads e le sue controparti hanno tutti termini di utilizzo che regolano i tipi di messaggi e tattiche che gli inserzionisti possono implementare. Idealmente, le politiche di marketing di ciascun marchio dovrebbero contenere anche indicazioni su come i suoi messaggi possano fare un uso responsabile della scienza comportamentale.
Infine, vale la pena ricordare che il costo potenziale di distribuzione dei sludges non è solo l’onere di una supervisione normativa aggiuntiva. Al centro di questo rapporto c’è la consapevolezza che il comportamento dei consumatori è in continua evoluzione e che negli ultimi due decenni ha iniziato a cambiare più velocemente che mai. Le tattiche di pressione, come il bias di scarsità e il power of now, possono persino passare da essere un nudge a uno sludge se applicate nel momento sbagliato o utilizzate troppo spesso.
I consumatori diventano presto consapevoli dei trucchi che le aziende usano su di loro, per un brand che le proprie tattiche di marketing vengano considerate sludge può avere un costo enorme. Una volta perse, la credibilità e la fiducia sono molto difficili da riconquistare.
3. Colmare il divario tra trigger e acquisto
L’obiettivo finale di questo approccio è ridurre lo sforzo cognitivo sperimentato dai consumatori mentre esplorano e valutano la proposta. È particolarmente importante per mantenere i clienti esistenti che si aspettano che la familiarità con i prodotti e servizi si rifletta in un processo di acquisto semplice. In breve, dopo il trigger di acquisto, l’obiettivo è quello di combinare le risorse di progettazione, facilità d’uso ed esperienza utente per garantire che gli annunci e il sito web funzionino al meglio.
Dopo tutto, non tutti i clienti hanno bisogno di esplorare e valutare nuovi brand. Se qualcuno ha già acquistato in passato ed è stato soddisfatto dell’esperienza, è probabile che si rivolgerà di nuovo allo stesso brand per rispondere alla stessa esigenza. Se non trova ostacoli o barriere impreviste sulla sua strada, ci sono buone probabilità che effettui un acquisto ripetuto.
Quindi, come potrebbero apparire in pratica queste barriere?
- Scarsa velocità del sito, in particolare sui dispositivi mobile.
- Messaggi incoerenti o poco chiari, in particolare tra messaggio pubblicitario e landing page.
- Informazioni inadeguate, come dettagli del prodotto mancanti.
- Problemi di esperienza utente, come navigazione poco chiara, pop-up e opzioni di pagamento limitate.
Il costo di sbagliare queste considerazioni di base sull’esperienza utente può essere considerevole. In uno studio sull’importanza della velocità sui dispositivi mobile, si è visto che mentre il 95% degli utenti ha affermato che sarebbe tornato su un sito che percepiva come veloce, solo il 62% ha affermato che avrebbe rivisitato un sito che percepiva come lento. Un altro studio ha evidenziato che un miglioramento di 0,1 secondi nella velocità del sito per dispositivi mobile ha aumentato i tassi di conversione dell’8,4% per i siti di vendita al dettaglio e del 10,1% per i siti di viaggio. Ridurre l’impatto che le barriere come la velocità del sito e il suo design hanno durante le interazioni con il brand rende gli acquirenti meno propensi a tornare in un altro ciclo di esplorazione e valutazione.
L’importanza della misurazione
I risultati della ricerca sono basati su simulazioni, ma l’unico modo per capire la reale efficacia di queste tecniche è testarle sul campo. Data la difficoltà di attribuire effetti causali a metriche evidenti come vendite e fatturato, la costruzione di esperimenti solidi e controllati è necessaria per comprendere l’impatto dei bias comportamentali sui profitti.
La misurazione dell’efficacia della pubblicità è un argomento ampio, che va oltre lo scopo di questo rapporto. Nel 2019 il team di ricerca Google ha pubblicato un rapporto che ha esaminato lo stato dell’arte e le opportunità di miglioramento. La prima sezione esamina come gli esperimenti controllati e l’inferenza causale possono essere utilizzati per aumentare l’accuratezza dei miglioramenti sulla base delle misurazione delle prestazioni di marketing e contiene una serie di consigli utili.
Implicazioni organizzative
Molti professionisti del marketing ritengono che la metafora del “messy middle” sia una descrizione appropriata del modo in cui i reparti di marketing si sono evoluti nel tempo.
Prima del Web era più facile per il marketing governare l’intera esperienza del cliente. Ma negli ultimi 20 anni circa, l’improvviso afflusso di informazioni e complessità ha portato alla frammentazione organizzativa, con diversi reparti che si occupano del web, dispositivi mobile, operazioni sui dati ed esperienza utente. Ciò è comprensibile, poiché il lancio su Internet ha richiesto competenze che i tipici reparti di marketing dell’epoca non possedevano.
Oggi il marketing è diventato molto più tecnico. Queste responsabilità frammentate stanno iniziando a essere reintegrate in un’unica funzione con la piena responsabilità dell’esperienza utente. La ricerca suggerisce che questa è la giusta direzione, poiché molte tecniche richiedono una collaborazione inter-funzionale per essere implementate.
C’è anche la questione della tradizionale separazione tra branding e performance, sviluppata nei giorni in cui la televisione e il direct marketing erano fondamentali. Tutto ciò è stato per lo più portato direttamente nell’era digitale e sebbene ci sia ancora un senso in questo approccio, l’esplorazione e la valutazione che si svolgono nel ‘messy middle’ si trovano a cavallo di molte divisioni tradizionali, con il rischio che una quantità significativa di opportunità possa rimanere inutilizzata.
Il ‘messy middle’ cambia le cose per i professionisti del marketing ma, mentre il comportamento dei consumatori sta diventando sempre più complesso, molti degli approcci necessari per affrontarlo sono ancora familiari. Con una migliore comprensione del pensiero del consumatore e una serie chiara di azioni, sia i marchi concorrenti che quelli affermati hanno gli strumenti necessari per guadagnare e proteggere la loro quota di preferenze dei consumatori.
Abitare nel ‘messy middle’
La crescita del web ha portato ad un aumento delle possibilità di scelta e a informazioni pressoché illimitate, trasformando il comportamento dei consumatori nel processo di acquisto.
La somma totale delle esperienze e le impressioni degli acquirenti creano un background di esposizione, che comprende brand, prodotti e altro ancora. In questo contesto, i trigger di acquisto spingono i consumatori a entrare in un ciclo di esplorazione e valutazione, raccogliendo informazioni e quindi selezionandole. Se il primo ciclo non produce una scelta precisa, tornano indietro, ripetendolo fino a prendere una decisione e fare un acquisto, oppure no. In ogni caso, l’intera esperienza aumenta il loro background di esposizione.
Il ‘messy middle’ è uno spazio complesso per i professionisti del marketing, in cui i clienti si acquisiscono o si perdono ma, dal punto di vista del consumatore, le persone fanno ciò che hanno sempre fatto: percepire un bisogno e cercare di soddisfarlo con un acquisto. I meccanismi fondamentali dello shopping potrebbero essere cambiati in modo irriconoscibile sul Web, ma ci siamo adattati. Le modalità mentali e i bias comportamentali utilizzati dai nostri antenati si sono rivelati altrettanto utili per eliminare la complessità dello shopping su Internet.
Per i professionisti del marketing la storia è leggermente diversa. Branding e performance, tradizionalmente divisi in molte organizzazioni di marketing, in realtà si sovrappongono nel ‘messy middle’, che può essere esso stesso un modello per i marchi per costruire organizzazioni di marketing potenziate e integrate, abbastanza flessibili da adattarsi al comportamento dei consumatori ora e in futuro.
I team di marketing che hanno deciso di affrontare il ‘messy middle’ troveranno in questa ricerca suggerimenti su cosa concentrare le loro energie:
- Presentarsi nei momenti chiave di esplorazione e valutazione per conquistare o proteggere la quota di preferenze dei consumatori.
- Applicare bias comportamentali per fornire agli acquirenti le informazioni e le rassicurazioni di cui hanno bisogno per uscire dal caos e completare un acquisto.
- Ottimizzare la velocità del sito, l’esperienza utente e la messaggistica in loco per ridurre la distanza tra il trigger e l’acquisto.
La scienza comportamentale è uno strumento potente e gli esperti di marketing che non la utilizzano in modo responsabile potrebbero trovarsi a fare danni duraturi ai marchi che rappresentano. Gli esseri umani tendono ad essere abbastanza bravi a ricordare i problemi. Ma cosa succede se tutti coloro che leggono questa ricerca prendono le nostre conclusioni e applicano ciascuno dei bias cognitivi? Non si creerà semplicemente un campo di gioco più elevato ma uniforme, lasciando il ‘messy middle’ così com’è?
Dal punto di vista del consumatore, la risposta è decisamente no. Più i marchi riusciranno ad anticipare le esigenze di informazioni più l’esperienza del cliente sarà migliore. L’esplorazione sarà più efficiente e la valutazione più semplice: il customer journey si accorcerà e si tradurrà in risultati ed esperienze migliori.
Anche per i professionisti del marketing è probabile che la risposta sia no, si spera che i brand prendano i nostri esempi come indicativi e li testino sul mercato.
In definitiva, questa ricerca fornisce non solo una struttura per decodificare le decisioni e navigare nel ‘messy middle’, ma anche un trampolino di lancio per la creatività. I marchi che sono in grado di integrare la scienza comportamentale nella loro strategia di marketing avranno tutto ciò di cui hanno bisogno per prosperare.
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Fonti articolo e altre citazioni
Articolo originale Google (pdf in lingua inglese)
Decoding Decisions – Thinkwithgoogle.com
Capire il percorso dei consumatori – Thinkwithgoogle.com
Importanza velocità dei dispositivi mobile – Thinkwithgoogle.com