Avete mai sentito parlare del “Google University Effect”?
Dalla democratizzazione delle informazioni alla democratizzazione della competenza: come evitare un esercito di “pseudoexperts”
Matthew Fisher (uno studente di dottorato in psicologia cognitiva all’Università di Yale) ha condotto una serie di esperimenti, che hanno evidenziato come effettuare ricerche su Google alimenti la convinzione di essere più competenti su un argomento (conosciuto poco o per nulla) già solo accedendo al motore di ricerca per trovare una risposta, che non si riesce tuttavia a trovare.
In altre parole, è emerso che il solo atto di ricerca on-line aumenta la fiducia nella propria conoscenza, anche senza un risultato concreto in termini di competenza acquisita: è sufficiente l’accesso alla miriade d’informazioni presenti in rete, con la possibilità di filtrarle per argomenti pertinenti, per alimentare in molte persone questa convinzione.
In questi casi, la maggiore fiducia nella propria conoscenza acquisita è chiaramente illusoria: le persone credono di avere competenze che non hanno, perché sono state in grado di fare “ricerca” on-line.
Un fenomeno da osservare con attenzione
Internet e social media hanno cambiato il nostro modo di accedere alle informazioni e di comunicare: i sistemi d’informazione tradizionali top-down di stanno lasciando sempre più il passo a sistemi più democratici, bottom-up free-for-all.
La democratizzazione dell’informazione ha da un lato innegabili effetti positivi, laddove la condivisione e la facilità di accesso è uno stimolo alla crescita di una coscienza collettiva.
Tuttavia, dobbiamo ancora capire quali siano realmente tutte le conseguenze di questo cambiamento: cambiamento al quale non siamo stati preparati o istruiti. Proprio per la sua natura spontanea, il fenomeno si è sviluppato ed ha preso piede, senza che al pubblico fosse insegnato come utilizzare queste informazioni in modo corretto.
Google University effect
La ricerca di informazioni on-line può quindi alimentare nelle persone una falsa fiducia, tanto da portare molti soggetti a considerarsi in grado di dare pareri autorevoli anche quando non hanno una reale competenza scientifica sull’argomento: il che può essere estremamente fuorviante.
Ovviamente, ha senso per ognuno di noi pensare che se possiamo disporre di più informazioni su un argomento, questo da solo aumenterà la nostra fiducia nella comprensione dell’argomento stesso: tuttavia, con i dovuti presupposti.
Aspetti psicologici e sociali
Ci sono diversi aspetti, che credo sia utile osservare.
Innanzitutto, la ricerca on-line ci dà l’opportunità di ricavare una grande quantità di informazioni e scegliere (spesso inconsciamente) quelle che confermano ciò che già crediamo o che vogliamo credere (fenomeno noto con il termine bias).
Inoltre, i media (e quindi i social media) possono diventare sistemi chiusi, dove informazioni, idee o convinzioni che girano possono esprimere un punto di vista unico, amplificato e rafforzato dalla trasmissione e dalla ripetizione: così, punti di vista differenti vengono censurati, non riconosciuti o comunque sottorappresentati. E’ quello che si definisce echo chambers: il coinvolgimento è in realtà illusorio, in quanto la comunità è di parte.
Osservazioni conclusive
I social media rappresentano un mezzo di comunicazione potentissimo, permettendo a chiunque di avere un pubblico, di esprimere e divulgare un’opinione. Tuttavia, hanno un enorme potere distorsivo, laddove alla viralità si associa una fonte d’informazione alterata nei vari passaggi o addirittura viziata a monte.
In quanto ‘social’, rimangono strumenti in mano alle persone, e come tali sono assoggettati a tutti i fenomeni sociali e personali, che vengono trasposti e rappresentati su un piano molto più ampio.
Il punto di partenza rimane sempre l’individuo, che nella sua complessità ha la possibilità di esprimersi a livello più ampio: ha possibilità di acquisire più informazioni e diffonderne di proprie, tuttavia la qualità con cui percepirà e diffonderà dipenderà dal suo mondo interiore.
Ogni aspetto che abbiamo visto sopra ci conferma questo: ad esempio, il fatto che le persone in seguito ad un esperienza, soggettiva e parziale, credano di avere una conoscenza sufficiente in settori dove in realtà non hanno competenza specifica, è un fenomeno umano che si ripete da sempre. I social semplicemente lo riportano a galla.
Che fare quindi? … Non essere mai troppo sicuri di sé, controllare le fonti e cercare pareri che vadano contro al nostro modo di pensare può essere un buon mix : “…come sempre, non vi è alcun sostituto per lo scetticismo e il pensiero critico”.
Fonte: Neurologicalblog
Testo a cura di: Delia Caraci
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